L'acqua del lago non è mai dolce

In quasi dieci anni mi è successa veramente la qualunque. Ho firmato un contratto con una casa editrice e quella me l'ha stracciato illegalmente. Mi ha distrutto talmente tanto che pensavo che un desiderio di rivalsa potesse colmare un vuoto. Allora ho scritto un altro libro, aggressivo, violento, un po' gretto. L'ho sputato fuori così di getto, ma non l'ho mai fatto leggere a nessuno. Tantomeno l'ho mandato alle case editrici. Ho fatto come coloro che dicevo di disprezzare: l'ho lasciato dentro una cartella di un computer e mi sono raggrinzita.  Una prugna. Orribile, non avete idea.  All'università è stato un crescendo di disastri di cui non so se qualcuno si sia mai davvero reso conto. Me compresa. Ho stretto amicizie che non mi bastavano, desiderosa com'ero di una chissà quale notorietà. Alcune le ho abbandonate per riprenderle in futuro. Le ho lasciate sotto il cuscino in attesa di risvegliarmi. Altre le ho tagliate via, strappate, tirate come si fa

Porte.

Di fronte a me si aperse una strada ampia e lunghissima, vidi una nebbia che non si diradava e iniziai a camminare. Perseverai per giorni e giorni, per mesi addirittura, passò l'estate, l'autunno e l'inverno, arrivò la primavera. La nebbia si sciolse e la strada, prima interamente coperta di ciottoli si tappezzò di zolle d'erba e fiori.
Ero a piedi nudi, le formiche mi ci passeggiavano sopra, ma non me ne curavo. Andavo avanti, volevo vedere la fine, volevo arrivare alla fine. Poteva esserci un niente, una delusione assoluta o comparire davanti a me qualcosa di magico e bello. Bisognava provarci, se non lo avessi fatto, sarei tornata da perdente.
Finalmente arrivai alla fine della strada, lì dove una striscia delimitava il prato. Il mio sguardo era rivolto a terra, come poche volte, strinsi le palpebre, le riaprii e feci ruotare le pupille verso l'alto.
Tutto ciò che vidi furono delle nuvole splendide, rosseggianti, come zucchero a velo. Sorrisi, almeno avevo tentato, non mi ero lasciata portar via dallo sconforto.



Fui lì lì per girare le spalle, ma capii! Non avevo finito la mia marcia, dovevo oltrepassarle quelle nubi!
M'inoltrai in quel banco umido e tante piccole gocce di pioggia m'investirono. Non mi accorsi nemmeno di essere uscita dalle nuvole che fui accecata dalla luminosità di un'alta porta di legno. Pareva la porta del paradiso, mi avvicinai, poggiai il palmo della mano sulla superficie scheggiata e spinsi con tutto il corpo.
Quello che mi trovai fu sorprendente, ma quella è la mia storia, ora tocca ad ognuno di voi trovare la vostra grande porta legnosa.

Spero abbiate capito il senso di questa mia storiella. :)

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