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Visualizzazione dei post da marzo, 2013

L'acqua del lago non è mai dolce

In quasi dieci anni mi è successa veramente la qualunque. Ho firmato un contratto con una casa editrice e quella me l'ha stracciato illegalmente. Mi ha distrutto talmente tanto che pensavo che un desiderio di rivalsa potesse colmare un vuoto. Allora ho scritto un altro libro, aggressivo, violento, un po' gretto. L'ho sputato fuori così di getto, ma non l'ho mai fatto leggere a nessuno. Tantomeno l'ho mandato alle case editrici. Ho fatto come coloro che dicevo di disprezzare: l'ho lasciato dentro una cartella di un computer e mi sono raggrinzita.  Una prugna. Orribile, non avete idea.  All'università è stato un crescendo di disastri di cui non so se qualcuno si sia mai davvero reso conto. Me compresa. Ho stretto amicizie che non mi bastavano, desiderosa com'ero di una chissà quale notorietà. Alcune le ho abbandonate per riprenderle in futuro. Le ho lasciate sotto il cuscino in attesa di risvegliarmi. Altre le ho tagliate via, strappate, tirate come si fa

Pensieri... pensate al titolo del blog e poi capite perché penso tanto xD

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Sto cominciando a supporre che tutti quelli che mi stanno accanto impazziscano. Ed è un bene, non crediate. La monotonia della normalità non mi ha mai emozionata più di tanto. Però, più vado avanti con questa scuola e più capisco che senza questo strazio di liceo non avrei mai incontrato le fantastiche persone che conosco. E' vero, non crederete a quello che sto per dire (solo perché è soggettivo)... ma penso di avere i migliori amici del mondo. Penso che non ho bisogno di altro, ma se questo arriva è sempre ben accetto. Penso che senza di loro io non sarei quella che sono e che tutti gli sbagli commessi in passato, ora siano utili. Ma ciò che c'è di meglio è che sto diventando dipendente da queste persone. Ed è stupendo quando i tuoi amici ti dicono che sembri una scema perché hai stampato in faccia il sorriso più pescelessoso che potessi partorire. Ancora meglio è quando loro non sanno più dove guardare, perché tu sorridi, fiera di conoscere gente così diversa, ma così

La primavera e i miei fervori...

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–Ho bisogno di un caffè– dico.  –Perché?– chiede Rocchetto.  –La macchina a casa è rotta e non sono in grado di farlo con la macchinetta. Mi viene fuori schifoso– spiego.  Poi lui continua a parlare, ma io non lo sento. Sto guardando quella ragazza che saltella e ride con lui .  Vedo scendere dalla scalinata il lui a cui dovrei pensare e mi volto, cercando di sfuggire al suo sguardo. A pericolo scampato ritorno a guardare quella ragazza. Quello che mi dà più fastidio è che stia saltando.  Sapete, io sono la ragazza dei saltelli, lo sanno tutti, salto di felicità perché ho l'argento vivo dentro, o più semplicemente per fare finta che sia tutto ok... e lo è, ma alcune volte no, o non lo so. Non so come mi sento, non sono triste, ma neanche felice, è una sensazione strana.  Tornando a noi, mi metto spesso a saltellare in giro e faccio ridere le mie amiche. Lei quando lo faccio è sempre lì. Lei è sempre lì e basta. Mi rendo benissimo conto che mi sta imitando. E mi dà fast

Dal diario di una donna..

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Eravamo solo noi e quel cinema buio. "Peccato" lo chiamavano le persone. Luogo dove l'amore può essere. Ma noi avevamo scoperto quella sala magica in un momento magico. Noi entravamo là per cambiare, assistevamo a ciò che il cinema trasmetteva e tornavamo alla realtà. Ci incontravamo ogni domenica pomeriggio alle tre, quando si trasmettevano i film d'amore. Sapevamo che le scene più belle erano state censurate, ma eravamo disposti a ricrearle insieme. Ricordo che mi facevo i boccoli per l'occasione o mi stiravo i capelli con il ferro da stiro, mi mettevo il mio vestito più bello e uscivo. L'aria sembrava più calda e il cielo più blu. Voglio vivere qui per sempre. Ma poi arrivò la guerra. Guerra fredda e ostile che non lasciava spazio alla felicità. O a sporadici momenti d'allegrezza. Non potevo più rivivere la scena del bacio. Non potevo più arrabbiarmi perché il parroco della città non mi accontentava e mi lasciava guardare, nonostante i miei sforz

Sono in astinenza e sto per sclerare

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Il vento soffia, è caldo, devo andare a scuola. Devo devo devo. Devo scrivere. Auto-imposizione. Mia madre mi chiama, devo prepararmi. Ci sarà una manifestazione per il fumo, non contro, per. Hanno recluso i fumatori in una zona e questo non è giusto, questa è discriminazione. E' una questione di principio e io parteciperò. Ci sono i miei amici e non voglio deluderli. Voglio scrivere, ma devo studiare. Ma sono in astinenza e sto per sclerare. Il nuovo Papa mi piace, è sincero e segue i precetti della Chiesa, segno che se qualcosa si vuole migliorare, si può fare. Ma questo i praticanti non lo capiranno mai. Devo scrivere, ma devo andare, ma devo scrivere. Voglio sognare, non voglio tornare in questo mondo. Voglio scrivere. Musica, scrivere. Basta, devo andare. Scriverò di notte, quando i sogni saranno visibili e la mia fantasia palpabile. Vado... a scrivere (nella mia mente).

I LOVE... I tipi campati per aria!

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La vostra Antony è tornata dall'Inghilterra, da Londra.  Da una città che a dire il vero non l'ha mai attirata più di tanto, ma che è stato comunque uno spunto per rilassarsi, divertirsi e conoscere meglio i propri compagni. Il primo giorno è sembrato durare centinaia di anni e volare via subito allo stesso tempo. Abbiamo preso il volo, spogliandoci distrattamente al check in e facendo cadere a turno: la sciarpa, l'ombrello, la carta d'imbarco e poi quella d'identità. Io poi ero assillata dal caldo e la cerniera della mia super felpa (la più calda che ho) non veniva giù, al contrario delle parole che animavano i discorsi filosofici di Rocchetto che non mancavano proprio mai di farmi saltare i nervi. Con forti sbalzi di temperatura, dall'aeroporto simile al Sahara in agosto al freddo polare della notte del nord, ci siamo spinti l'un l'altro fino a sederci sull'aereo. Ovviamente la mia valigia non stava nella cabina (per la quale è stata progettata