L'acqua del lago non è mai dolce

In quasi dieci anni mi è successa veramente la qualunque. Ho firmato un contratto con una casa editrice e quella me l'ha stracciato illegalmente. Mi ha distrutto talmente tanto che pensavo che un desiderio di rivalsa potesse colmare un vuoto. Allora ho scritto un altro libro, aggressivo, violento, un po' gretto. L'ho sputato fuori così di getto, ma non l'ho mai fatto leggere a nessuno. Tantomeno l'ho mandato alle case editrici. Ho fatto come coloro che dicevo di disprezzare: l'ho lasciato dentro una cartella di un computer e mi sono raggrinzita.  Una prugna. Orribile, non avete idea.  All'università è stato un crescendo di disastri di cui non so se qualcuno si sia mai davvero reso conto. Me compresa. Ho stretto amicizie che non mi bastavano, desiderosa com'ero di una chissà quale notorietà. Alcune le ho abbandonate per riprenderle in futuro. Le ho lasciate sotto il cuscino in attesa di risvegliarmi. Altre le ho tagliate via, strappate, tirate come si fa

Un sogno al passato...

Un sogno di tanti? Un sogno di pochi? Non lo so, ma io sono sempre stata attratta dal passato. Da un'epoca differente in cui tutto era diverso. Naturalmente bisogna considerare anche i lati negativi, ma io, per ora, mi concentro su quelli positivi.
Esistono tanti luoghi che mi ricordano il passato, ma prima voglio precisare che parlo d'inizio '900. 
Infondo io sono nata nel '900 e questo già lo adoro, anche se so di non avere visto praticamente niente del XX secolo, mi considero un po' come una "giovane vecchia", una che sa cosa sono delle cose che, adesso, i bambini non potrebbero neanche lontanamente immaginare.
Cercando di non divagare sull'argomento torno al mio piccolo sogno (uno dei tanti): m'immagino uscire dalla mia casetta in una giornata nuvolosa, con la strada di pietra bagnata. Io, vestita di tutto punto, avvolta in un lungo abito stretto in vita e a sbuffo sulle gambe (naturalmente avrei trasgredito e non mi sarei messa né calze né corsetto), con il ticchettare incessante delle scarpette sul terreno, un cappello enorme in testa per ripararmi dalla pioggia imminente che mi sarei tolta non appena fossi uscita di casa e una borsa abbastanza grande da contenere il mio taccuino, la mia penna e un buon libro. 
Mi sarei diretta alla fermata del tram e ci sarei salita aspirando la sensazione di antico che amo tanto. 



Era un giorno di festa, domenica e dovevo fare delle commissioni. Sarei andata in libreria: una libreria enorme, con delle scalette per arrivare ai ripiani più alti,  mi sarei diretta a passi sicuri verso la parete est, dallo scaffale in legno chiaro avrei estratto un libro con la copertina di stoffa rossa, l'avrei aperto e vi avrei trovato macchie d'inchiostro e lettere scritte a metà (come ancora accade), dalla finestra accanto, coperta di un intelaiatura colorata d'oro e i vetri leggermente bombati, avrei visto il sorgere del sole, nelle sue mille sfumature e le pagine del libro si sarebbero colorate di giallo e arancione. Avrei salutato "Arold" (?) al bancone e lui mi avrebbe risposto con voce nasale:
-Miss, vada a prendere i dolci alla pasticceria- io avrei sorriso facendomi intendere e lui avrebbe ribattuto -E torni questa volta. Non si faccia ancora trascinare via dai suoi sogni ad occhi aperti-. 
Senza dire una parola me ne sarei andata alla pasticceria senza voltarmi verso quell'Arold paffuto e con gli occhialetti sferici che mi conosceva tanto bene. 
Alla pasticceria avrei ordinato dei croissant e, intanto che aspettavo, avrei rimirato per la millesima volta  quel posto: una luce calda e gialla accendeva i dolciumi disposti delicatamente su ciotole d'argento, tavolini di ebano con sopra tovagliette di pizzo candido adornavano il posto e seduti sulle sedie i passanti affamati scherzavano e ridevano prendendo un cappuccino. Il profumo di dolci e il calore del luogo mi avrebbero fatta sentire a casa. Avrei ritirato i miei croissant, una cioccolata calda e avrei rubato un cioccolatino lasciando un penny sul bancone. 
Mi sarei imposta di tornare alla libreria, ma avrei visto passare il ragazzo di cui ero innamorata da tanto, mi avrebbe sorriso e mi sarei seduta a scrivere e scrivere, supplicando, quando fosse finito, l'inchiostro a chiunque fosse capitato nelle mie grinfie. 

Commenti

  1. Sai anch'io a volte m'immagino come sarebbe stato fantastico vivere in un'altra epoca .Io però avrei tanto voluto essere nata verso la fine dell'ottocento .Sembra un mondo così bello e appassionante . Avrei tanto voluto camminare per le strade e vedere gente a bordo di carrozze e sentire il leggero suono dei zoccoli dei cavalli .A volte quando cammino provo a immaginarlo e mi rendo conto della fantastica sensazione che procura.Baci !!!Lin*-*

    RispondiElimina
  2. Cara poetessa,mi hai fatto vivere in un bel sogno....
    Sei splendida!
    Ciao cara e buon pomeriggio:)
    Baci baci
    Luci@

    RispondiElimina
  3. Mia sorella vive qui ovviamente ma nella sua mente vive in un'altra epoca, in quella che hai descritto tu, forse qualche tempo dopo, i vestiti non sono gli stessi. Lei crede nei sani principi che avevano qualche tempo prima di adesso e per le occasioni speciali si veste come ci si vestiva tempo addietro. è una cosa favolosa vederla vestita in quel modo e sentirla esprimere i suoi pensieri :D

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Addio. Ad un nuovo inizio.

L'acqua del lago non è mai dolce

Premio Blogger Simpatico!