L'acqua del lago non è mai dolce

In quasi dieci anni mi è successa veramente la qualunque. Ho firmato un contratto con una casa editrice e quella me l'ha stracciato illegalmente. Mi ha distrutto talmente tanto che pensavo che un desiderio di rivalsa potesse colmare un vuoto. Allora ho scritto un altro libro, aggressivo, violento, un po' gretto. L'ho sputato fuori così di getto, ma non l'ho mai fatto leggere a nessuno. Tantomeno l'ho mandato alle case editrici. Ho fatto come coloro che dicevo di disprezzare: l'ho lasciato dentro una cartella di un computer e mi sono raggrinzita.  Una prugna. Orribile, non avete idea.  All'università è stato un crescendo di disastri di cui non so se qualcuno si sia mai davvero reso conto. Me compresa. Ho stretto amicizie che non mi bastavano, desiderosa com'ero di una chissà quale notorietà. Alcune le ho abbandonate per riprenderle in futuro. Le ho lasciate sotto il cuscino in attesa di risvegliarmi. Altre le ho tagliate via, strappate, tirate come si fa

La signora della Cirenaica contro tutti

Avete ragione, c'è bisogno di spiegazioni. La verità è che non ho mai dimenticato questo spazio. Negli scorsi anni mi sono persa più volte, ma mi ritrovo sempre. Sempre diversa, sempre più incerta. Ho ritrovato la rabbia buona che amo di me e continuo a desiderare quello che desideravo a 15 anni. Sono passati 10 anni. Resto io. La mia crisi religiosa è passata. La mia impulsività certamente, come capirete, no. 
Vi penso. Buona lettura.

Da Valigia Blu
Da Valigia Blu

Inizio questa prima giornata del dicembre più strano della vita, con un argomento non particolarmente eclatante. La giornata è uggiosa, un po’ piovosa, e la mia tesi mi attente, ma ieri ho avuto paura di non farcela per la prima volta e questo è da sempre ciò che mi dice: «ora devi muoverti» e io di solito obbedisco, abbastanza remissiva.

Voglio raccontarvi la storia di una persona: Hanan Al-Barassi. Hanan (la chiamerò per nome perché desidero sentirla più vicina) è stata un’avvocata e un’attivista per i diritti umani in Libia. Si è battuta contro la corruzione e contro i soprusi a danno delle donne, che in Libia sono all’ordine del giorno.

All’ordine del giorno è quello che è successo anche a lei, “la signora della Cirenaica” (Azouz Barqua), soprannome da guerriera: è stata uccisa in pieno pomeriggio, nel cuore di Bengasi, il 10 novembre. Prima l’hanno rapita e poi le hanno sparato. Una donna rompicoglioni in meno.

Al-Barassi aveva accusato di corruzione il figlio di Khalifa Haftar, Saddam, aveva smascherato le minacce di morte contro di lei e aveva messo in primo piano anche la figlia, raccontando come si fosse riuscita a salvare da un omicidio.

La Libia, vedete, è un Paese spaccato in due, attraversato da due eserciti che si contendono il potere: da una parte, a Oriente, e anche in Cirenaica, c’è Khalifa Haftar, ex generale dell’esercito, che conduce la sua propria battaglia: Haftar non è sostenitore di una Repubblica islamica, come l’Iran, vuole religione e Stato ben divisi, in una linea di nazional-socialismo.

Dall’altra parte c’è il governo riconosciuto a livello internazionale di Al-Sarraj a Tripoli, nella parte Occidentale. Vicino ad Al-Sarraj ci sono le forze islamiste, tra cui IS e Fratelli musulmani, e l’appoggio di Ankara, della Turchia di Erdogan, il quale ha spesso inviato delle forze per combattere al suo fianco.

Il territorio libico, che m’immagino caldo e perennemente instabile, seppur avvolto da quella strana aura di tranquillità, quotidianità e noia che pesa sui Paesi in guerra nel momento in cui non scoppiano bombe o non si combatte, è composto di una rete di tribù. Più che diviso in due, è frammentato. E le tribù, compresa quella di Hanan, sono vicine a Haftar, perché lui non ha l’appoggio della Turchia.

Haftar, un po’ vecchio e con gli occhiali, burocrate e sanguinario con addosso la divisa da militare, ha assicurato che arriverà in fondo alla morte di Hanan. Ma Al-Barassi è una donna, probabilmente uccisa da gruppi vicini a Haftar che, infastiditi dal suo essere donna e poco remissiva, hanno deciso di ucciderla, così, perché aveva detto troppo, non avrà giustizia. Non c’è desiderio di verità per lei.

E la promessa di Haftar suona proprio come la promessa del governo egiziano all’Italia su Giulio Regeni.

Commenti

  1. Che bello ritrovarti, anto.
    Mi aveva preso un senso di nostalgia per la lettura e per il blog, e mi è subito tornato in mente il tuo. Spero che continuerai a scrivere qui, mi sono sempre ritrovata molto in quello che scrivi.
    Sentire queste notizie mi fa provare solamente rabbia. Mi ha ricordato l'uccisione dell'attivista Hevrin Khalaf, in Siria. Anche lei una donna scomoda.
    Non c'è giustizia né speranza.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Addio. Ad un nuovo inizio.

L'acqua del lago non è mai dolce

Premio Blogger Simpatico!