L'acqua del lago non è mai dolce

In quasi dieci anni mi è successa veramente la qualunque. Ho firmato un contratto con una casa editrice e quella me l'ha stracciato illegalmente. Mi ha distrutto talmente tanto che pensavo che un desiderio di rivalsa potesse colmare un vuoto. Allora ho scritto un altro libro, aggressivo, violento, un po' gretto. L'ho sputato fuori così di getto, ma non l'ho mai fatto leggere a nessuno. Tantomeno l'ho mandato alle case editrici. Ho fatto come coloro che dicevo di disprezzare: l'ho lasciato dentro una cartella di un computer e mi sono raggrinzita.  Una prugna. Orribile, non avete idea.  All'università è stato un crescendo di disastri di cui non so se qualcuno si sia mai davvero reso conto. Me compresa. Ho stretto amicizie che non mi bastavano, desiderosa com'ero di una chissà quale notorietà. Alcune le ho abbandonate per riprenderle in futuro. Le ho lasciate sotto il cuscino in attesa di risvegliarmi. Altre le ho tagliate via, strappate, tirate come si fa

"Non si accontentava di un cazzo"

Ho scoperto che il mio cervello non smette mai di funzionare. Si arrovella incessantemente intorno ai suoi stessi pensieri.
Così, un momento sono serena e sto pensando a studiare, e l'istante dopo una valanga di ricordi mi affolla la mente. Non riesco mai a fuggire.
I ricordi belli si sommano a quelli brutti e mi costringono a fermarmi. Devo fare altro. Devo costantemente fare. Altrimenti non ho pace.
Altrimenti tutti i pensieri si accatastano e poi esplodono.
Non mi basterebbe la vita per tutti quei pensieri, quelle passioni, quei desideri e un po' di loro vanno dimenticati negli anfratti di me, per poi riaffiorare prepotenti quando vorrei scacciarli.
Avevo raggiunto un grado di confusione tanto grande da non riuscire a fare nulla. La mia vita era stata messa in stallo a tempo indeterminato: non scrivevo, non leggevo, non studiavo, non parlavo. Ora, giorno per giorno, prendo la mia testa e la tiro su, la infilo sotto l'acqua e comincio a vivere. Mi obbligo a leggere, a nutrirmi, senza la paura che troppe informazioni si installino nella mia mente. Mi obbligo a scrivere, per dare un ordine all'esistenza, che ancora è lunga ed è da vivere.
Le dico: usa i tuoi occhi. Apro gli occhi per guardare la realtà e non la mia immaginazione, e non il frullatore che ho dentro.

Ricordo tutto, come se fosse impresso in un nastro, anche quando vorrei dimenticare.
A livello pratico è stancante, è un bagaglio sempre più pesante da portare.

Non c'è una sintesi in questa parentesi di vita, perché è sempre tutto collegato. Io resto avvolta nella mia nebbia, densa di tutta l'umidità che ho immagazzinato, ma mi muovo.
Cammino in una strada che non vedo, ma sono fiduciosa.

Sapeste quanto mi arrabbio, con quel mio carattere furioso. Mi arrabbio ancora di non aver trovato la perfezione, la verità di tutto; come quando a quindici anni scrivevo qua sopra e mi convincevo di sapere come fosse stato creato il mondo.
La presunzione della verità, la ricerca della verità.

Un professore una volta ha detto: non esiste una verità unica, o comunque non potremmo mai saperla. Dovete fare delle ipotesi per confrontarle con le altre.

Quanto ho trovato riduttiva questa idea di vita! Mi sono incazzata e sono uscita fuori. Allora non vivo! Allora tanto vale, come diceva Sartre, mettersi davanti al bancone di un bar e bere vino dalla mattina alla sera.
Io so che non scoprirò nulla, forse, ma non smetterò mai di cercare.

C'è bisogno di un motivo per vivere, soprattutto quando si fa così tanta fatica. Io ho bisogno di un motivo per vivere, altrimenti non vivo, non se ne parla proprio.
Prendo la mia testa incasinata e le dico: oggi è un altro giorno, un giorno che ti è dato, per cercare, per esplorare, per capire, per stare attenta a quello che ti circonda; non lo sprecare.


In tutto ciò non sto studiando, non mi sto impegnando in quella maledetta laurea che mi sono scelta. Faccio altro, mentre prendo quel dannato pezzo di carta. Credete che me ne freghi qualcosa della Storia del Teatro e dello Spettacolo? O del voto che mi daranno?
Io certo non sono e non sarò mai un inutile voto all'università.
No, io voglio scrivere, viaggiare, leggere, vedere! Camminare per il mondo, contrassegnata dall'infinito amore per la vita che mi ha sempre avuta.

Ho scritto un altro libro, molto più corto di quello precedente. Voglio che veda la luce, a costo di scolarmi intere bottiglie di vino per scommessa.
Voglio tornare a Torino perché so che quella città ha ancora tanto da darmi, anche se non so cosa. Devo riprendere a leggere perché altrimenti non imparo a vivere, ho lasciato il libro sul divano, aperto a metà.

Sembrano i discorsi di una folle? Va bene.
Adesso riprendo a studiare Storia del Teatro, altrimenti qui non ci si laurea più.

Commenti

  1. Bello, molto bello. Mi piace molto il tuo stile.
    E no, non sembrano i discorsi di una folle.

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. Credo il sito abbia deciso di eliminarmi il commento. Spero ti sia arrivato comunque.

      "Sono contenta che non vi siate ancora estinti"

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