L'acqua del lago non è mai dolce

In quasi dieci anni mi è successa veramente la qualunque. Ho firmato un contratto con una casa editrice e quella me l'ha stracciato illegalmente. Mi ha distrutto talmente tanto che pensavo che un desiderio di rivalsa potesse colmare un vuoto. Allora ho scritto un altro libro, aggressivo, violento, un po' gretto. L'ho sputato fuori così di getto, ma non l'ho mai fatto leggere a nessuno. Tantomeno l'ho mandato alle case editrici. Ho fatto come coloro che dicevo di disprezzare: l'ho lasciato dentro una cartella di un computer e mi sono raggrinzita.  Una prugna. Orribile, non avete idea.  All'università è stato un crescendo di disastri di cui non so se qualcuno si sia mai davvero reso conto. Me compresa. Ho stretto amicizie che non mi bastavano, desiderosa com'ero di una chissà quale notorietà. Alcune le ho abbandonate per riprenderle in futuro. Le ho lasciate sotto il cuscino in attesa di risvegliarmi. Altre le ho tagliate via, strappate, tirate come si fa

Dire

E' da così tanto tempo che non scrivo qui sul blog. E quanto ho sbagliato.
In questa sera di seconda estate ho capito che non ci si può più nascondere, non ha senso. Che le persone fanno fatica a vedere se tu ti copri con un velo. Che è bello far vedere chi si è e non c'è motivo, è così e basta.

Dopo una giornata passata a impazzire perché non sono pronta per l'esame, perché sono successe una quantità di sfortune inimmaginabili, perché non potevo condividere un sentimento con una persona per un'altra quantità di motivi, uno più stupido dell'altro; sono finita qui.

In questo blog abbandonato da mesi, questa volta… senza motivi.

In questi mesi ho conosciuto tantissime meravigliose e vissuto tempi fortissimi. Ora sono sola, per un attimo, per un nanosecondo. Guardo il panorama dalla finestra della mia nuova casa e mi sento nel posto giusto.

Il posto giusto quando studio, giusto quando piango, giusto quando rido. Il posto giusto per le persone che ho intorno, per le strade, le macchine, i palazzi che mi circondano ogni mattina quando esco dal portone e sento che ho un altro giorno da vivere.

Ho un altro giorno da vivere. E il domani non esiste.

Adesso, il rumore del traffico lento e del vento caldo, quello frenetico dei tasti della tastiera premuti, la puzza di fumo, il libro di filologia, questo conta. Io, la mia vita, tu che adesso stai leggendo. Scrivere, studiare. Questo conta.

Il sapore del gelato alla crema che mi ha fatto da cena, la sensazione di gambe molli e di stomaco in subbuglio, il sorriso che ho stampato in faccia, questo.

E qualsiasi cosa accada, domani, dopodomani, alla fine dell'estate, saranno solo altri pezzi di vita, saranno solo altri momenti vissuti. Io resto io. Ogni mio gesto, resta infinitamente mio.

Io ti ringrazio se mi stai leggendo, ti ringrazio se mi dedichi un minuto della tua esistenza, ma che ti ascoltino in cento, o in mille, o in uno soltanto, quello che conta è che tu lo dica. E se io scrivo o se tu leggi, io sono io e tu sei tu.

E solo la nostra reciproca e condivisa individualità nelle nostre reciproche e condivise vite conta.

Commenti

  1. Io ho letto ma ringrazio te che hai scritto questo bel post, questo bellissimo pensiero ;)
    Bisogna vivere sempre alla giornata, è il metodo migliore :)

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    1. Grazie mille per il commento e, sì, anche io lo trovo il metodo migliore in questo periodo della vita. Se c'è qualcosa che al momento mi fa stare bene, è proprio questa concezione del tempo :)

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